Wyler Vetta: genialità svizzera, creatività italiana e oltre un secolo d’innovazione
29 Aprile 2025La bellezza di un marchio risiede non di rado nella sua storia, che non deve essere necessariamente lunga. A volte “basta” un secolo, o anche meno, quando le cose sono fatte bene e nel modo giusto. Ne è una prova Wyler Vetta, che lo scorso anno ha spento le sue prime cento candeline festeggiando un secolo di innovazione, connubio tra genialità meccanica svizzera e imprenditorialità italiana. Una storia costellata di successi, exploit commerciali e modelli entrati nella storia dell’orologeria. Una storia che vale la pena raccontare.
WYLER VETTA E IL BILANCIERE INCAFLEX
Le origini di Wyler Vetta sono sospese tra Bienne, in Svizzera, e il Lago Maggiore. Correva l’anno 1924 quando il giovane orologiaio Paul Wyler, originario della cittadina elvetica del Canton Berna, fondò a Basilea, insieme al fratello Alfred, la Wyler SA. I due fratelli non persero tempo e diedero subito prova ai marchi concorrenti di ciò di cui erano capaci. Oltre alla padronanza della tecnica orologiera, li animava uno spirito imprenditoriale all’avanguardia e, soprattutto, la volontà di offrire soluzioni meccaniche in grado di rendere i propri orologi precisi e affidabili.

Per raggiungere questo obiettivo, era imprescindibile, all’epoca, garantire ai segnatempo la maggiore impermeabilità possibile e una forte resistenza agli urti. Specialmente quest’ultimo punto, che rappresentava il tallone d’Achille per la maggior parte degli orologi del tempo, divenne per Paul Wyler quasi un’autentica ossessione. Wyler capì che, per raggiungere il suo obiettivo, avrebbe dovuto lavorare sulla parte più delicata del movimento soggetta a rotture in caso di urti forti: il bilanciere.
Il bilanciere tradizionale aveva infatti una costruzione classica, caratterizzata da braccetti corti e dritti che univano la parte esterna al pignone centrale. Paul Wyler capì che il punto di debolezza di quel componente tanto importante quanto fragile risiedeva proprio nei bracci poiché la loro conformazione li rendeva anelastici e, quindi, facili a spezzarsi se sottoposti a colpi violenti.
Il ragionamento fatto da Wyler fu semplice: perché quei bracci resistessero allo stress di eventuali urti subiti, li doveva rendere più lunghi ed elastici e, dunque, più resistenti, possibilmente senza aumentare le dimensioni del bilanciere per non dover riprogettare il calibro. Doveva quindi lavorare in uno spazio molto contenuto. L’intuizione tanto semplice quanto geniale, fu la soluzione. I due bracci da dritti diventarono curvi e, soprattutto, caratterizzati da uno sviluppo quasi a spirale in grado di assorbire anche i colpi più violenti. Nacque così, nel 1927, il bilanciere Incaflex, che divenne, poi, lo standard nell’industria orologiera.

Erano passati solo tre anni dalla fondazione del marchio e già Paul Wyler aveva depositato un brevetto che avrebbe cambiato per sempre la storia dell’orologeria. E che, soprattutto, avrebbe compiuto la missione che egli si era dato nel momento della fondazione della propria società: progettare e creare un orologio robusto, che resistesse agli urti e alle sollecitazioni a cui sarebbe stato soggetto durante l’utilizzo quotidiano.
LA VOCAZIONE ALL’INNOVAZIONE
Quello del bilanciere Incaflex fu solo il primo di alcuni brevetti che, nell’arco di pochi anni, resero l’azienda di Paul Wyler un punto di riferimento per la meccanica d’avanguardia. Ricordiamo, in ordine cronologico, il brevetto per un orologio automatico rettangolare “cricchettino” (1931), quello per un orologio con cassa a tenuta stagna (1932), oggetto di un secondo brevetto nel 1936 e di un ulteriore perfezionamento nel 1939.
Wyler ideò diverse soluzioni per la carica automatica, tra le quali quella di un orologio brevettato nel 1931, che presentava un doppio fondello che si muoveva su una cerniera. Quando l’orologio veniva indossato, il doppio fondello si spostava alternativamente verso il retro e un piccolo perno trasmetteva quello spostamento al movimento fornendo energia per caricarlo. Nel 1935, Wyler lanciò uno dei primi orologi rettangolari resistenti all’acqua, il cui cristallo era tenuto in posizione dalla compressione di guarnizioni elastiche.
Una progressione inarrestabile che aveva preso il via qualche anno prima, nel 1931, quando Paul e Alfred Wyler unirono le proprie forze a quelle dell’ingegnere svizzero Ernest Morf (che aveva lavorato al progetto Incaflex) per creare la Fabrique des montres Wyler SA a La Chaux-de-Fond. Nello stesso periodo, la strada dell’azienda svizzera incrociò quella di un geniale orologiaio e commerciante di orologi italiano; l’incontro con un uomo che cambiò per sempre le sorti del marchio: Innocente Binda.
L’INCONTRO CON INNOCENTE BINDA
Dopo avere imparato il mestiere a Luino, sul Lago Maggiore, nel 1906 Innocente Binda aprì a Besozzo, sempre sul lago, una bottega in cui riparava e vendeva orologi. Nel 1926 si trasferì a Milano, dove iniziò una propria attività commerciale, rifornendosi dalla Svizzera sia di prodotti finiti sia di componenti. Nel 1932 Binda iniziò a vendere i primi orologi da polso con il marchio Wyler, creati a Bienne da Paul e Alfred Wyler. Al marchio aggiunse il nome Vetta, perché il regime fascista impediva di commercializzare in Italia prodotti con nomi stranieri.
Binda fu tra i primi a comprendere l’importanza del marketing e a utilizzarne i principi in modo efficace. Nel 1931 dimostrò la resistenza e l’efficacia dei segnatempo di Wyler Vetta e dell’Incaflex con una trovata mediatica: lanciò alcuni orologi dotati di quel bilanciere dalla cima della Torre Eiffel. Un notaio che si trovava alla base del monumento ne confermò il funzionamento dopo la caduta. Un exploit che rafforzò la reputazione del marchio e che fu ripetuto con successo anni dopo ancora a Parigi (nel 1956) e poi nel 1962, con un lancio dalla cima dello Space Needle di Seattle per conquistare definitivamente il mercato americano, dove il brand era presente da anni, come dimostra un interessante aneddoto storico.
Nel 1944 Albert Einstein, rifugiatosi negli Usa per sfuggire alle persecuzioni naziste in Germania, Durante una breve gita in barca in Central Park a New York con al polso un orologio Wyler, cadde nel laghetto del parco. Dopo essere uscito dall’acqua, verificò che il segnatempo funzionasse ancora e decise in seguito di scrivere una lettera alla Wyler Corp. di New York, ringraziandola per aver prodotto uno strumento perfettamente impermeabile. La lettera è ancora conservata negli archivi dell’azienda.
Gli stessi archivi custodiscono numerose pubblicità e affissioni risalenti agli anni ’30, ’40 e oltre, insieme a immagini di celebrità sportive che dedicavano al marchio le proprie vittorie. Binda comprese infatti l’importanza di quelli che oggi chiameremmo “brand ambassador”, al cui polso mise gli orologi Wyler Vetta. In quegli anni li scelse principalmente nel mondo dello sport, i cui campioni erano le personalità più in vista, spesso veri e propri idoli come il bomber dell’Inter e della Nazionale di calcio Giuseppe Meazza o il fuoriclasse del ciclismo Alfredo Binda. Non a caso gli Azzurri del pallone che vinsero due campionati del Mondo consecutivi (1934 e 1938) indossavano Wyler Vetta.
GUARDARE SEMPRE AVANTI
Dopo la Seconda Guerra Mondiale cambiarono, in parte, i modelli di riferimento. In un’Italia avviata a grandi passi verso la ricostruzione post-bellica e il boom economico, ai volti di successo dello sport si affiancano quelli del cinema e dello spettacolo, i quali iniziarono ad indossare anch’essi Wyler Vetta. Ne è un esempio Vittorio De Sica che, nel 1948, girò “Ladri di biciclette” e nel 1950 ritirò l’Oscar per il miglior film straniero con un Wyler Vetta al polso. Altri nomi celebri come Marcello Mastroianni, Carlo Dapporto, Isa Miranda, Renzo Montagnani e Patrizia Mangano portarono gli orologi del marchio sia sul set, sia nella vita privata.
Era un’epoca in cui Wyler Vetta seguì la forte crescita dell’orologeria svizzera nel mondo, affermandosi ulteriormente in Paesi come gli Stati Uniti, la Francia, l’Italia e sui mercati dell’Estremo Oriente. Un’epoca anche di fervore creativo, durante la quale l’azienda creò nuovi modelli, come l’orologio automatico Dynawind nel 1960, il Marquise Dedicato alle signore (era stato lanciato per l’uomo negli anni ’30) o lo Stratowind world time nel 1954. Come molti altri produttori dell’epoca, in quegli anni la manifattura sottopose gli orologi al Bureaux de Contrôle Officiel de la Marche des Montres per ottenere i bollettini di cronometro, 43 dei quali le furono conferiti nel solo 1951.
Oltre agli sviluppi tecnici sui movimenti, Binda continuò a spingere su campagne pubblicitarie e affissioni colorate di grande impatto per l’epoca. Per esempio, ideò una tipologia di ”affissione dinamica” molto avanti per quei tempi. Negli anni ‘60, una flotta di furgoni Alfa Romeo personalizzati con il marchio Wyler Vetta e con la riproduzione tridimensionale di un orologio sulla fiancata, percorreva l’Italia da nord a sud per consegnare le nuove collezioni ai rivenditori.
WYLER VETTA TRA PRESENTE E FUTURO
La forza del marchio crebbe ancora, tanto che nel 1970 Wyler Vetta era distribuito in 52 Paesi nel mondo. Negli anni ’70, con l’avvento del quarzo, l’azienda unì le forze con altri produttori svizzeri per creare la piattaforma operativa Ditronic, il cui obiettivo era quello di lanciare un orologio al quarzo con un display digitale a cristalli liquidi. Ma gli anni della cosiddetta “crisi del quarzo” portarono un periodo difficile, tanto per l’azienda quanto per l’intero settore orologiero svizzero. Nel 1991 fu creata a Ginevra una nuova società, Montres Wyler SA e due anni dopo Simone e Marcello Binda, i nipoti di Innocente, acquisirono il marchio. Nel 2021 Marcello Binda costituì la Wyler Vetta Srl, acquisì il ruolo di Ceo e, con il designer Fulvio Locci, presentò una collezione completamente nuova, rinnovando anche la distribuzione. Nel 2024 l’azienda ha accolto come Socio e Senior Advisor Beppe Ambrosini, figura autorevole sul mercato con alle spalle una carriera ultradecennale di alcuni dei più prestigiosi marchi dell’orologeria del lusso.

Il resto è storia recente, con Wyler Vetta che, dal suo rilancio nel 2021, ha riposizionato il marchio e rinfrescato le collezioni, in un portafoglio che attinge a piene mani dal proprio passato, attualizzato però con lo stato dell’arte dei materiali e dei movimenti. Le collezioni Jumbostar, Dynawind ed Heritage hanno avuto delle evoluzioni sia in termini tecnici sia di design e quest’anno è entrata in assortimento la collezione Chronographe.
Sulla scia del successo del modello celebrativo Tribute to Ermetico, in edizione limitata di 100 esemplari e ispirato a un celebre orologio degli anni ’40, i nuovi Chronographe 38, da poco lanciati, montano un calibro Sellita SW 510 BHM a carica manuale con una riserva di marcia di 56 ore. Hanno un’estetica ispirata a quella di uno dei cronografi Wyler Vetta più rappresentativi degli anni ’40, uno dei primi nella storia dell’orologeria a vantare una cassa impermeabile. Inoltre, la marca ha anche arricchito la famiglia Jumbostar con il nuovo Jumbostar Incaflex, una edizione limitata di 100 orologi dotata del bilanciere inventato da Paul e Alfred Wyler, integrato in un calibro manuale ETA 2894.

Questi lanci recenti riassumono bene la filosofia che anima il nuovo corso di Wyler Vetta. Trarre ispirazione da una storia lunga oltre un secolo e ricca di innovazione e visione imprenditoriale, Per riportare ad un mercato che oggi è globalizzato ed esigente i suoi prodotti più iconici opportunamente aggiornati. Un mercato che non si accontenta del prodotto ma che chiede emozioni, esperienze, storie. Più le storie sono vere e autentiche, più un marchio è destinato al successo. E su verità e autenticità, Wyler Vetta è un marchio che ha pochi rivali.
By Davide Passoni