Ore vagabonde, la firma di Urwerk su UR-100, UR-120 e UR-150
25 Settembre 2025C’è una strada invisibile che unisce l’antica Mesopotamia alla Svizzera. Parte dalla mitica città di Ur, culla del popolo sumero, e arriva fino a Ginevra, passando per Zurigo. In fondo a questa strada c’è Urwerk, una delle manifatture di alta orologeria più sorprendenti, nata dall’incontro tra l’estro creativo di Martin Frei e la genialità meccanica di Felix Baumgartner. Maestro orologiaio nato in una famiglia di orologiai il secondo, designer e artista il primo, il loro sodalizio è iniziato nel 1995 quando Felix, suo fratello Thomas e Martin scoprirono la passione comune per la misurazione e la rappresentazione del tempo. Una lunga discussione e la condivisione di filosofie e sogni sono culminate nella decisione di creare la propria visione orologiera.

Urwerk fu fondata due anni dopo, nel 1997, con l’obiettivo di progettare e realizzare pezzi di alta orologeria che fondessero tradizione e visione futuristica. E qui arriviamo alla Mesopotamia. Nella scelta del nome, Baumgartner e Frei hanno fuso il nome dell’antica città di Ur – dove i Sumeri osservarono per la prima volta la concomitanza dei corpi celesti con le stagioni, sviluppando così le prime misurazioni del tempo – e il verbo tedesco “werk”, che significa lavorare, creare, evolvere, plasmare, forgiare e suscitare emozioni.
Ma in tedesco, Ur è anche un prefisso che significa “antico”, “originario”, “primitivo”. Baumgartner e Frei giocano così sul doppio piano della storia e della linguistica, sottolineando come la loro manifattura, pur nella modernità estrema della meccanica, dei materiali e del design, non possa prescindere da una concezione antica e primigenia del tempo. Una visione storica che essi traducono in forme e soluzioni d’avanguardia, creando quel ponte che unisce passato e presente come unisce Ur a Ginevra.
LE ORE VAGABONDE NEL DNA DI URWERK
Ciò che distingue Urwerk fin dalla sua origine è la complicazione delle cosiddette “ore vagabonde”, una indicazione del tempo che avviene non attraverso le classiche lancette ma tramite l’utilizzo di dischi rotanti riportanti le ore che, con la rotazione continua dei dischi su diversi assi, segnano il tempo marcando un semicerchio che riporta la scala dei minuti.

Le ore vagabonde sono una complicazione la cui genesi è tutta italiana e risale alla metà del Seicento. Allora, il Papa Alessandro VII commissiono ai fratelli umbri Matteo, Pier Tommaso e Giuseppe Campani – famosi creatori di strumenti ottici – la costruzione di un prototipo di orologio dotato di uno scappamento che non fosse rumoroso e che consentisse di vedere le ore al buio.
I fratelli Campani sostituirono alle lancette, il cui scappamento era tutt’altro che silenzioso, alcuni dischi rotanti che indicavano le ore marcando un semicerchio con incisa la scala dei minuti, illuminata da dietro con una lampada a olio. Felix Baumgartner imparò a conoscere l’orologeria nell’atelier del padre, che restaurava alcuni degli orologi storici più importanti del mondo, tra cui l’orologio notturno dei fratelli Campani. Ecco perché, dunque, si può dire che questa complicazione sia davvero connaturata al DNA di Urwerk.
LA COLLEZIONE UR-SATELLITE
Le ore vagabonde di Urwerk sono sviluppate principalmente con una complicazione satellitare girevole brevettata. Le ore sono a gruppi di quattro, presentati su bracci rotanti (o satelliti) in un carosello a tre punte. I satelliti sono delle piramidi tronche con ogni lato che presenta un numero e un angolo di 85°, in modo che l’ora possa essere vista senza ruotare il polso.

Nella collezione del brand UR-Satellite, questa complicazione impiega i satelliti con diverse varianti: lancette telescopiche, minuti retrogradi, ingranaggi planetari, calendari. Non mancano altre collezioni con visualizzazioni alternative alle ore vagabonde, che impiegano indicazioni lineari o indicazioni che ricordano il contachilometri di un’auto, ma l’affissione dell’ora tramite satelliti rimane il vero marchio di fabbrica di Urwerk.
Una complicazione che si è evoluta nel tempo e nell’estetica, come dimostrano gli orologi protagonisti di questo articolo: l’UR-100V LightSpeed, l’UR-120 AKA Spock e l’UR-150 Scorpion.
UR-100V LIGHTSPEED
Andiamo in ordine numerico progressivo e partiamo dunque dall’UR-100V LightSpeed. Un orologio che, come lascia intuire il suo nome, affianca alla funzione di indicazione dell’ora con satelliti rotanti una dimensione “cosmica”, al centro della quale c’è la dinamica della velocità della luce all’interno del sistema solare. L’UR-100V LightSpeed unisce in un solo luogo il tempo, lo spazio e la luce.

L’UR-100V LightSpeed ospita nella cassa un planetario 3D con indicati otto corpi celesti del nostro sistema solare, otto punti di riferimento. Partendo dal Sole, Baumgartner e Frei hanno calcolato e illustrato il tempo impiegato da un raggio di luce della nostra stella per raggiungere ciascuno dei pianeti: Mercurio in 3,2 minuti, Venere in 6, la Terra in 8,3, Marte in 12,6, Giove in 43,2, Saturno in 79,3, Urano in 159,6 minuti e Nettuno in 4,1 ore.
Ciascuno di questi tempi è riportato, insieme al nome del relativo pianeta, sul planetario del quadrante. La base di partenza, il Sole, è posta a ore 10 e i tempi sono individuati da un indicatore giallo e azzurro, visibile attraverso una feritoia che corre intorno alla parte superiore del quadrante, dove sono riportati i nomi dei pianeti. Nella parte inferiore, l’UR-100V LightSpeed riprende il principio di visualizzazione delle ore e dei minuti basato sull’assenza di lancette. Al loro posto, un satellite rotante indica le ore e si muove lungo un arco di cerchio di 120 gradi, con una scala che indica i minuti, individuati da un puntatore rosso. Quando un satellite delle ore ha coperto i suoi 60 minuti, quello seguente, che reca l’ora successiva, appare davanti all’indice dei minuti, che ritorna a zero e riprende la sua corsa.
Questa macchina meccanica è animata dal movimento automatico di manifattura UR 12.02, da 28.800 alternanze/ora e 48 ore di riserva di carica. La forma a raggiera del rotore in alluminio, trattato in PVD nero e visibile attraverso il fondello in vetro zaffiro, è un riferimento al Sole, il motore della nostra galassia. La cassa, impermeabile fino a 5 bar, è in carbonio nero ThinPly a 54 strati e misura 43 mm di larghezza per 51,73 mm di lunghezza, con uno spessore di 14,55 mm. Alle anse molto corte si innesta il cinturino in caucciù testurizzato con fibbia pieghevole. La corona a vite è un dettaglio in più che contribuisce alla impermeabilità, per nulla scontata in un orologio come questo.
UR-120 SPOCK
Se possibile ancora più geniale è l’interpretazione che Urwerk dà alle ore vagabonde nell’UR-120, chiamato Spock in onore del celebre personaggio di Star Trek. Un nomignolo che gli deriva dalla spettacolare visualizzazione delle ore attraverso i satelliti rotanti, ciascuno dei quali mostra le proprie ore riproducendo il saluto dei Vulcaniani, popolo cui appartiene il dottor Spock: mignolo e anulare uniti insieme, separati da medio e indice a loro volta uniti tra loro. Il tutto a formare una V.

Un prodigio reso possibile dal calibro automatico UR-20.01, che muove il carosello centrale dotato di tre bracci, ciascuno dei quali reca un satellite all’estremità. Su tutte e quattro le facce di questo satellite si trova un indicatore delle ore. Quando esce dalla minuteria – che si trova a destra, sul quadrante – e raggiunge la parte sinistra, mette in azioneuna leva che comanda il cambio della faccia del satellite. Esso si apre, rivelando due borchie rettangolari, che assumono una forma a V, ricreando così il saluto vulcaniano. Una volta separate, entrambe le borchie ruotano sul proprio asse e si uniscono, per mostrare la nuova unità oraria: il numero è infatti diviso a metà tra le due borchie che, unite, ne ricompongono la grafica.
Il movimento dell’UR-120 Spock compie dunque una triplice rivoluzione: il carosello dei satelliti ruota su un asse centrale, ogni satellite contro-ruota per rimanere in posizione verticale – e quindi leggibile -, e ogni borchia ruota sul proprio asse. Gli altri aspetti della visualizzazione oraria rimangono tipici di Urwerk: il carosello dei satelliti si muove lungo la scala della minuteria, situato sul lato destro della cassa, la faccia visibile del satellite e il puntatore abbinato indicano rispettivamente l’ora e i minuti su tale scala.
La cassa dell’orologio è in acciaio e titanio sabbiato, è asimmetrica e ha dimensioni generose: 47×44 mm, con uno spessore di 15,8 mm. Per crearla, Martin Frei si è ispirato alla lezione di Gerald Genta, in particolare alla costruzione che prevede una parte inferiore e una superiore interconnesse tra loro. È quanto accade nell’UR-120 Spock, le cui parti in questione sono la lunetta (in acciaio) e il fondello (in titanio). Il design di quest’ultimo è interessante: a ore 3 c’è una piccola finestra che consente di vedere la vite pneumatica Windfänger, il componente a forma di stella che regola l’intensità della carica automatica; a ore 9 c’è il monogramma Urwerk; in mezzo una elegante lavorazione a scanalature profonde.
Un ulteriore elemento di fluidità è dato dalla presenza di anse flottanti, una rarità nelle creazioni di Urwerk; all’interno di quella situata a ore 6 (a ore 12 c’è la corona), è stata inserita una molla che agevola la vestibilità del cinturino al polso. Il materiale di cui è fatto è un’altra novità per Urwerk. Al posto del tradizionale tessuto tecnico, la manifattura ha scelto la pelle di vitello, con un motivo a rilievo che ricorda il nylon intrecciato, ma offre un comfort e una flessibilità superiori. Le anse flottanti rendono il 120 uno degli Urwerk più confortevoli al polso, nonostante le dimensioni.
UR-150 SCORPION
Con l’UR-150 Scorpion, le ore vagabonde trovano un’ulteriore espressione. A partire dalla grande lancetta scheletrata dei minuti che incornicia l’ora, la cui punta si muove sull’arco di 240 gradi della minuteria a indicazione retrograda. Allo scoccare del 60esimo minuto, infatti, la lancetta delle ore torna a zero grazie allo scatto di una molla e i satelliti delle ore ruotano ciascuno di 270 gradi a indicare la nuova ora: il tutto in un solo centesimo di secondo.

Nell’orologio, la sfida tecnica è rappresentata proprio dall’arco della minuteria, che non è il solito arco di 120 gradi ma di 240. L’ottimizzazione dell’energia disponibile è essenziale per mantenere un isocronismo perfetto tra lo scatto della lancetta e la rotazione dei satelliti. Nell’UR-150 Scorpion c’è infatti il sistema retrogrado più ambizioso mai realizzato da Urwerk, che impiega i pesi più grandi utilizzati dalla manifattura, per una velocità e inerzia più intense. Il risultato è stato ottenuto grazie a un regolatore di velocità montato sul volano dell’UR-150, un meccanismo solitamente impiegato per regolare la sequenza di rintocchi di una ripetizione minuti. In questo modo, il ritorno della lancetta retrograda è più fluido.
Merito del lavoro fatto da Baumgartner sul movimento dell’orologio, il calibro UR-50.01 da 28.800 alternanze/ora e 43 ore di riserva di carica. Un’autonomia leggermente inferiore a quella degli altri movimenti della collezione, nonostante il sistema di ricarica sia una delle numerose caratteristiche innovative dell’UR-150 Scorpion. Dotato di una doppia serie di turbine, esso regola la velocità del rotore e offre un’energia e una resistenza agli urti senza precedenti, evitando che si ripercuotano sul perno. La grande energia richiesta dalla lancetta retrograda su 240 gradi, fa comunque sì che l’autonomia di carica sia più contenuta.
La cassa da 42,49×52,31 mm, spessa 14,79 mm, è in titanio e acciaio (esiste anche una versione Dark solo titanio), ma il tocco artistico dell’UR-150 Scorpion sta nel suo “pungiglione”, ossia la lancetta dei minuti curva che segue il profilo della cassa e del vetro zaffiro. Visto di lato, l’UR-150 presenta un profilo ad arco, con la cassa e il vetro che si estendono dalla curva del bracciale lungo la stessa linea, abbracciando ergonomicamente la forma del polso. La curvatura si estende oltre la cassa fino al movimento stesso, poiché i satelliti e la lancetta delle ore condividono lo stesso profilo inclinato: in questo modo è possibile leggere l’ora senza torcere il polso. Privo di anse, l’orologio è assicurato al polso da un cinturino in gomma la cui forma ricorda quella della corazza di uno scorpione.

La trilogia di cui abbiamo scritto si distingue, oltre che per la complicazione, l’estetica e l’innovazione, anche per il prezzo. L’UR-100V LightSpeed costa 69.490 euro, l’UR-120 117.600 euro, l’UR-150 Scorpion 94.080 euro, tutti costi IVA esclusa.
By Davide Passoni
















