Sections
27 luglio 2024

La sfida dell’alta frequenza, da Zenith a Seiko e oltre

Svizzera, Giappone, Germania. Sono i vertici del triangolo dell’Alta Orologeria che si contendono da sempre il primato dell’eccellenza. Tra i primi due la rivalità è molto accesa almeno dagli anni ’60, da quando, prima che lo tsunami del quarzo travolgesse industrie e mercati, la sfida della perfezione si giocava sul movimento più preciso in assoluto, a colpi di frequenze via via più alte.

Proprio la ricerca della maggior precisione possibile attraverso l’aumento delle alternanze accese una sfida che, come spesso accade in questi casi, ha portato vantaggi a tutto il settore, perché ha dato vita ad alcuni dei movimenti più importanti del XX secolo: El Primero di Zenith e Hi-Beat di Seiko.

LA SFIDA DELL’ ALTA FREQUENZA

Fino a circa la metà del secolo scorso, i calibri della maggior parte degli orologi battevano a 18.000 alternanze/ora. Progressivamente iniziò la corsa verso la precisione, che comportò un progressivo aumento delle alternanze, prima a 21.600, poi a 28.800, con l’obiettivo di arrivare a quota 36.000, considerata all’epoca il massimo raggiungibile.

A onor del vero, con l’introduzione di materiali più moderni per la realizzazione di spirali e bilancieri, già negli anni ‘50 i calibri da 18.000 alternanze avevano scarti giornalieri entro il secondo al giorno: migliorare prestazioni simili sembrava velleitario, se non del tutto inutile.

Tuttavia la sfida andava giocata, cominciando con l’aumentare la potenza del complesso bilanciere-spirale per migliorare la precisione con la quale esso divide il tempo. Come? Aumentando i fattori che ne influenzano la potenza, a partire dalla frequenza di oscillazione. 

Poiché la potenza è proporzionale al cubo della frequenza, raddoppiarla passando da 18.000 a 36.000 alternanze/ora fa aumentare la capacità di regolazione di otto volte, tanto quanto la precisione dell’orologio, almeno sulla carta.

Non è tutto. Raddoppiando la frequenza, si diminuiscono di quattro volte le ripercussioni negative che lo squilibrio del complesso bilanciere-spirale ha sulla regolarità dell’orologio, indossato in diverse posizioni. La precisione del segnatempo, così, aumenta in qualsiasi posizione esso si trovi.

Tutti vantaggi che spinsero i marchi sul terreno della competizione, anche a costo di affrontare difficoltà legate ai materiali, messi a dura prova dall’alta frequenza del calibro. Per non annoiare, ne ricordiamo un paio, la lubrificazione e lo scappamento.

L’alta frequenza causava importanti forze centrifughe che rendevano inadatti i lubrificanti fluidi tradizionali; l’alta velocità con la quale si susseguivano il disimpegno e l’impulso sarebbe stata rallentata a causa della filamentosità degli olii e così si optò per una più efficace lubrificazione a secco, utilizzando polvere di bisolfuro di molibdeno.

Poi, il numero elevato di oscillazioni comportò la realizzazione di una ruota di scappamento con 21 denti contro quella con i classici 15, che doveva essere più grande ma più leggera per non incrementare l’inerzia della ruota stessa. Di conseguenza, l’àncora doveva essere più piccola e avere bracci rinforzati per sostenere il maggior carico dinamico.

Infine, la quantità di denti che poggia sulla leva dell’àncora in fase di riposo doveva essere circa la metà di quella di uno scappamento classico: 0,07 mm contro i normali 0,15 mm.

L’ ALTA FREQUENZA PRIMA DI ZENITH

Tra le prime case a sperimentare i movimenti ad alta frequenza vi fu Girard-Perregaux, che negli anni ’60 sviluppò calibri come il GP 31.7 e il 32.7. Dal quest’ultimo derivò poi il calibro 32A che equipaggiò il Gyromatic, presentato da Girard-Perregaux a Basilea nel 1966, che con le sue 36.000 alternanze aveva una precisione, per l’epoca, da fantascienza. Non era un caso che il 70% dei certificati di cronometro rilasciati l’anno dopo dall’Osservatorio di Neuchâtel fosse costituito da cronometri Girard-Perregaux ad alta frequenza.

I successi di Girard Perregaux con l’alta frequenza spinsero Longines a celebrare il proprio centenario nel 1967 con un orologio automatico da 36.000 A/h. Mosso dal calibro 430 da 42 ore di riserva di carica, l’orologio è passato alla storia come Ultra-Chron.

Longines Ultra Chron ADV

L’ ARRIVO DEL PRIMERO

Simili novità non potevano non essere prese come spunto anche da altre case svizzere, prima tra tutte Zenith e Movado, all’epoca di proprietà del medesimo gruppo, che avevano l’obiettivo di creare il primo cronografo automatico con calibro ad alta frequenza.

L’idea nacque in Zenith già nel 1962, con la volontà di presentare il calibro tre anni dopo, nel centenario della Manifattura. L’operazione andò fatalmente lunga, a causa dei numerosi requisiti che il movimento avrebbe dovuto possedere, tutti di complessa realizzazione.

Zenith El Primero Draft

Intanto, la funzione cronografo doveva essere integrata all’interno del calibro e azionata da una ruota a colonne, anziché costituire un modulo aggiunto a una base solo tempo. Poi, la frequenza avrebbe dovuto essere così alta da consentire la misura del decimo di secondo. Infine, era previsto un datario. Il tutto entro dimensioni contenute. Un accumularsi di sfide che portò Zenith a sforare di quattro anni sulla tabella di marcia.

Zenith El Primero Draft

L’annuncio fu fatto il 10 gennaio del 1969, anticipando la presentazione prevista per l’aprile successivo a Basilea. Girava infatti voce che l’altro team svizzero impegnato nella progettazione del cronografo automatico – Breitling, Hamilton-Büren, Heuer, Dubois-Depraz – lo avrebbe presentato prima della fiera.

Zenith El Primero
Zenith El Primero Draft

«Le aziende orologiere Zenith e Movado – recitava il comunicato – hanno realizzato un’impresa straordinaria combinando due orologi di precisione in uno. Un orologio automatico ad alta frequenza con calendario e un cronografo con timer che consente misurazioni del tempo al decimo di secondo. È dotato di un timer di ore e minuti ed è il primo orologio di questo tipo al mondo. La caratteristica straordinaria è che entrambi questi meccanismi si inseriscono in uno spazio più piccolo di quello di un cronografo tradizionale. Questo modello ha tutti i vantaggi di un orologio standard più la data, la carica automatica e il cronografo con timer e calendario».

LE SFIDE TECNICHE

In tutto questo va detto che, se il calibro ha rubato la scena per le 36.000 alternanze/ora, la sua caratteristica principale è data invece dalla ruota a colonne – in realtà, non una vera e propria ruota a colonne – scelta al posto della camma per gestire le funzioni cronografiche.

Zenith El Primero Draft

La ruota classica ha alla base un rocchetto costituito da una ruota dentata a denti di sega; su di essa, piccole colonne trapezoidali spostano le leve attivando le funzioni del cronografo con un movimento rotatorio. La ruota a colonna di El Primero ha invece una ruota a raggiera sulla base del rocchetto, senza le colonnine trapezoidali. Pur nella differenza, anch’essa attiva le funzioni cronografiche tramite rotazione e non con il movimento angolare e laterale del crono a camme.

Zenith El Primero Calibre

Il meccanismo cronografico ad alta frequenza fu assemblato in un nuovo calibro automatico, il cui dispositivo di ricarica aveva un rotore ad alta inerzia, realizzato appesantendo il rotore periferico attraverso l’inserto di un segmento esterno di carburo di tungsteno (materiale ad elevata densità) e la creazione di una parte centrale finestrata che, in caso di urto violento, funzionava come un ammortizzatore. Il rotore era montato su sei cuscinetti a sfere ed era bidirezionale, in modo da essere sensibile anche a movimenti minimi del braccio.

Zenith El Primero Calibre

Insomma, un concentrato di innovazione in termini di ricerca e materiali, al quale Zenith è rimasta fedele, scegliendo di non tornare, per quanto possibile, ad alternanze meno estreme, ma facendo di El Primero e del 36.000 due bandiere nel nome della qualità e dell’identità di brand.

Zenith El Primero Calibre

HI-BEAT, LA RISPOSTA DI SEIKO

Più o meno negli stessi anni, 10.000 chilometri più a est, negli atelier di Seiko si andava alla ricerca delle medesime prestazioni in termini di alta frequenza. Già nel 1960 aveva debuttato a Tokyo il primo Grand Seiko certificato cronometro secondo gli standard interni della Maison, ben al di sopra di quelli stabiliti dal COSC. Tant’è vero che alcuni anni dopo l’indicazione cronometro fu rimossa dal quadrante, dichiarando così che i Grand Seiko giocavano in un campionato a parte.

Se la designazione di cronometro potrebbe essere stata l’obiettivo iniziale di Grand Seiko, sullo slancio del successo dell’orologio, gli orologiai giapponesi vollero spingere in là i limiti della sfida. 

Allora, una frequenza di 18.000 alternanze era la media; i progressi fatti sulla migliore tensione della spirale e lo sviluppo di materiali e lubrificanti efficaci indussero anche Seiko a esplorare il terreno dell’alta frequenza per una maggiore precisione. Iniziò così la ricerca su quello che sarebbe diventato il cavallo di battaglia del marchio, il movimento Hi-Beat da 36.000 alternanze.

Fu nel 1967 che Seiko presentò il suo primo Hi-Beat: il 5740C a carica manuale. Non fu però incassato in un Grand Seiko: fu infatti il Lord Marvel a fregiarsi del titolo di primo orologio dell’azienda con calibro ad alta frequenza. 

Seiko 5740C

Un anno dopo, toccò all’Hi-Beat di Grand Seiko, il 61GS, sviluppato dalla base di un Seikomatic 5 e alimentato da un calibro automatico Hi-Beat 6145 da 36.000 alternanze. Ancora oggi, il 61GS rimane una delle migliori creazioni del marchio e il 6145 probabilmente il miglior movimento automatico mai realizzato da Seiko.

Forse, però, non tutti sanno che alla nascita dell’Hi-Beat contribuì anche una curiosa rivalità interna a Seiko. Già negli anni ’60, King Seiko (KS), una sottomarca delle linee d’élite dell’azienda, puntava a detronizzare Grand Seiko come marchio di punta. 

Il primissimo modello King Seiko fu prodotto nel 1963 da Daini Seikosha Co., come risposta all’uscita del Grand Seiko del 1960 da parte di Suwa Seikosha Co. Poiché la rivalità tra le due consociate interamente controllate da Seiko si giocava per entrambe sull’accuratezza e sulla precisione, era inevitabile che entrambi i marchi puntassero a un orologio Hi-Beat.

King Seiko

La prima generazione di King Seiko era un calibro a 25 rubini a carica manuale e non numerato. Successivamente furono rilasciati i modelli King Seiko calibro 44 a carica manuale da 18.000 alternanze, che aprirono la strada al marchio per seguire le orme di Lord Marvel e Grand Seiko e arrivare al proprio movimento ad alta frequenza.

King Seiko

Il risultato fu la serie King Seiko 45, con movimento a carica manuale che batteva alla velocità di 36.000 alternanze/ora e che fu il primo Hi-Beat del marchio. La sua precisione era così irreale per quei tempi che Seiko lo certificò allo standard di classe A, il massimo in termini di accuratezza.

King Seiko 45

Sia King Seiko sia Grand Seiko svilupparono i loro calibri Hi-Beat fino a quando non furono travolte dalla crisi del quarzo. Il fatto che King Seiko sia rimasta sepolta per sempre mentre Grand Seiko sia rinata alla fine degli anni ’90, è per alcuni la certificazione della supremazia definitiva di quest’ultima. Sia come sia, di sicuro la loro rivalità ha contribuito all’eccellenza giapponese nei calibri ad alta frequenza, non inferiore a quella svizzera.

E GLI ALTRI?

Naturalmente, Zenith, Seiko, Girard-Perregaux e Longines non sono i soli marchi a essersi cimentati con i calibri ad alta frequenza. Pensiamo, solo per fare pochi nomi, all’Ulysse Nardin San Marco o al Zodiac SST da 36.000 alternanze, o al Breguet Classique Chronométrie 7727 da 72.000.

Breguet

TAG Heuer ha a sua volta creato un cronografo che batte a 360.000 alternanze/ora, il Mikrograph, e uno persino a 7.200.000, il Mikrogirder, nel quale l’organo regolatore per il cronografo è un diapason. Virtuosismi tecnici, la cui utilità è da dimostrare. La sfida vera, quelle delle 36.000 alternanze, era già stata combattuta (e vinta) da un pezzo.

By Davide Passoni