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28 marzo 2024

Daniel Roth: The Story Of A Master

«La vita sceglie la musica, noi scegliamo come ballarla», disse una volta lo scrittore inglese Premio Nobel, John Galsworthy. Una frase che definisce l’idea che ciascuno di noi ha nelle proprie mani il modo di plasmare il destino che gli è dato. Una frase che si adatta bene alla figura di Daniel Roth.

Un maestro dell’orologeria contemporanea che ha avuto, in un certo senso, la strada segnata. Nato a Nizza nel 1945, Daniel Roth ha respirato da sempre e da subito il mondo dell’orologio: suo nonno e il suo bisnonno erano orologiai originari di Neuchâtel, trasferitisi in Costa Azzurra dove avevano aperto un piccolo laboratorio di riparazione. Il primo “parco giochi” del piccolo Daniel.

Il quale, come era comprensibile, appena cresciuto seguì un corso triennale di orologeria proprio a Nizza. Per quanto l’aria della Costa Azzurra sia salubre, una volta completati gli studi, Daniel Roth decise che il posto giusto per lui sarebbe stata la Svizzera, per cui fece a ritroso la strada percorsa dai propri antenati e si installò nella Valleé de Joux. La palestra ideale per allenare il proprio genio.

Dopo esperienze in diverse manifatture, tra le quali Jaeger-LeCoultre, il suo battesimo tra i mostri sacri dell’orologeria avvenne da Audemars Piguet. Sette anni a Le Brassus durante i quali, come unico orologiaio che non proveniva dall’interno dell’azienda, si fece notare per le sue capacità fuori dal comune. E lo notò un marchio non proprio di secondo piano: Breguet.

DANIEL ROTH E BREGUET: DI MAESTRO IN MAESTRO

In quel periodo, si era agli inizi degli anni ’70, Breguet era stata rilevata dai fratelli Jacques e Pierre Chaumet, proprietari dell’omonimo marchio di gioielli, i quali volevano farne rivivere i fasti legati all’opera di Abraham-Louis Breguet in un momento non facile per l’industria dell’orologeria, alle prese con l’assalto del quarzo. Videro in Roth la persona giusta, e ci videro bene.

Ne ebbero la prova fin da subito, quando ricevettero il curriculum di Daniel Roth che si candidava alla posizione di maestro orologiaioDue pagine, una con le esperienze acquisite, l’altra con un elenco di cose che ancora avrebbe dovuto conoscere e imparare. Una scelta fuori dal coro, che gli fece guadagnare il posto e che fu la fortuna di Breguet. Anche perché, una volta assunto, Roth prese un’iniziativa straordinaria: in autonomia decise di affiancare al lavoro un altro anno di studi per apprendere tecniche, invenzioni e segreti di Abraham-Louis Breguet analizzandone gli archivi e imparando tutto ciò che poté sul suo lavoro.

DALLA FRANCIA ALLA SVIZZERA

Era il 1973 quando Daniel Roth terminò il proprio anno di studi su Breguet e, all’epoca, il marchio era saldamente francese non solo per la sua storia ma anche logisticamente, visto che la produzione era in Francia e l’unica boutique si trovava a Parigi. Il centro dell’orologeria tradizionale, però, era sempre più in Svizzera, impegnata a fortificare la propria tradizione contro gli assalti del quarzo: rimanere in Francia non era una scelta logica dal punto di vista industriale. Fu così che Roth, nel 1976, aiutò Breguet a stabilirsi a Le Brassus. Fu l’inizio della rinascita.

Daniel Roth passò 14 anni nella maison insieme a François Bodet rilanciò il marchio dandogli quell’estetica che lo avrebbe di nuovo reso riconoscibile (lancette Breguet, cassa a moneta…) e lavorando sulle complicazioni più esclusive, dal calendario perpetuo al tourbillon, utilizzando movimenti principalmente basati su calibri Lemania e Frederic Piguet. Tra queste complicazioni, ricordiamo il calendario perpetuo ref. 3130 su base Frederic Piguet 71.

A selection of models that Roth and Bodet introduced during their tenure | Credit: A Collected Man

L’esperienza in Breguet terminò in modo traumatico sul finire degli anni ’80, quando Chaumet dichiarò bancarotta e il marchio fu venduto a Investcorp nel 1987. Un anno dopo sia Bodet sia Roth lasciarono l’azienda ma quest’ultimo, ormai maturo e notissimo nell’ambiente, era pronto a lanciare il proprio marchio, con una visione chiara di quale tipo di orologi avrebbe prodotto e di come l’avrebbe fatto. Cominciando dal suo primo laboratorio a Le Sentier.

ROTH E BREGUET: GLI STILI COMUNI

Lo stile degli orologi che Daniel Roth ha creato con il proprio marchio è influenzato dalla lezione di BreguetQuadranti con lavorazione guilloché eseguita a mano, lancette azzurrate, casse in metalli preziosi, un livello altissimo delle finiture manuali sia sul quadrante sia sul movimento – con la scelta di creare versioni scheletrate dei propri orologi per metterle in evidenza -, il vezzo di numerare sul quadrante molti dei suoi orologi sono tutti richiami all’eredità del suo maestro.

Ma Roth non poteva certo limitarsi a rendere omaggio a Breguet senza innovare, talentuoso com’era. Ecco dunque il primo dei suoi “marchi di fabbrica” una cassa dalla forma del tutto nuova. La sua cassa a doppia ellisse, né tonda né rettangolare, bilanciava entrambe le forme grazie anche alla lunetta scalinata e alle anse dritte e affilate, queste ultime sì retaggio ancora di Breguet. 

A Daniel Roth advert from his 1995-96 campaign | Credit: @ciaca70

Roth ha anche compiuto alcune scelte di design più raffinate durante i suoi primi lavori da indipendente, che sono esemplificativi della sua visione insolita e distintiva dell’orologeria. Ad esempio, il suo tourbillon integra una lancetta dei secondi a tre bracci, in cui tre lancette azzurrate di lunghezze diverse scorrono su tre diversi registri. Allo stesso modo, la disposizione dei suoi calendari perpetui è tutt’altro che tradizionale, con una distribuzione originale dei contatori.

Infine, un tratto che ha portato dalla sua pluriennale esperienza in Breguet è stato quello di creare movimenti facendo affidamento su ébauche (parti di base dei movimenti, in linguaggio tecnico) di alta qualità, realizzati da aziende specializzate, principalmente da Lemania. Sulle basi uscite dall’atelier di Lemania, Daniel Roth ha lavorato creando i movimenti per buona parte dei suoi orologi: ripetizione minuti, calendari perpetui, tourbillon, solo tempo, cronografi.

The Lemania factory | Credit: Monochrome Watches

I SUOI CAPOLAVORI: TOURBILLON C187

Proprio a partire dall’ébauche del calibro Lemania 387, Roth ha costruito il primo orologio con il proprio nome. E da che cosa poteva iniziare lui, devoto ad Abraham-Louis Breguet, se non da un tourbillon? Insomma, non proprio uno scherzo anche se ti chiami Daniel Roth e se sei cresciuto fin da piccolo a pane e orologi. L’orologio, la referenza C187, fu sviluppato nel 1988 e lanciato l’anno successivo; del resto, il calibro Lemania 387 era stato disegnato proprio da Roth negli anni di Breguet, un periodo in cui il marchio francese riceveva da Nouvelle Lemania la maggior parte dei propri movimenti; fu proprio Nouvelle Lemania a fornire macchine e competenze per industrializzare la produzione del movimento

Daniel Roth Tourbillon C187 | Credit: Sean Song Watches

Alcuni tra i primi tourbillon di Daniel Roth furono prodotti per il celebre retailer londinese Asprey. William Asprey gliene commissionò 24 agli inizi degli anni ’90, tutti in oro giallo, i quali riportavano sul quadrante il nome di Asprey e quello di Roth sul retro. Il quadrante del C187 presenta un ponte allungato e un insolito contatore dei secondi a forma di ventaglio, con questi indicati dalla lancetta dei secondi a tre bracci, attaccata alla gabbia del tourbillon. Sul retro dell’orologio ci sono la data e l’indicatore della riserva di carica

Daniel Roth x ASPREY Tourbillon C187 | Credit: Sothebys

Caratterizzati dalla tipica cassa a doppia ellisse, i primi tourbillon di Daniel Roth avevano il quadrante decorato a Clous de Paris mentre i successivi avevano una decorazione a strisce verticali, diventata quasi un marchio di fabbrica. Le casse erano realizzate principalmente in oro giallo, rosa e bianco, raramente in platino. Interessante il caso di 20 orologi in acciaio realizzati su richiesta di Roberto Carlotti, distributore di Daniel Roth in Italia, un mercato nel quale questo metallo è da sempre apprezzato. Inutile dire che sono diventate referenze ricercatissime tra i collezionisti di Daniel Roth.

I SUOI CAPOLAVORI: CHRONOGRAPH C147

Dopo il tourbillon, l’approdo naturale delle creazioni di Daniel Roth doveva essere il cronografo, che arrivò nel 1990, a carica manuale, basato sul calibro Lemania 2320. Anche in questo caso, inizialmente il quadrante, a due contatori, era decorato a Clous de Paris, passato poi alle righe verticali.

Per quanto riguarda i materiali del cronografo, l’acciaio fu lasciato da parte per privilegiare i metalli preziosi: oro giallo, bianco, rosa e platino. Quest’ultimo fu abbinato solo al quadrante nero, colore al quale Daniel Roth affiancò il bianco, l’argento, il salmone e persino il blu elettrico. Vale la pena notare che il cronografo fu creato sia con il fondello chiuso, sia con il fondello trasparente. In entrambi i casi, la cura delle finiture del calibro era identica.

Daniel Roth Chronograph C147 | Credit: Mr. Watchley

Restando sul cronografo, Daniel Roth si cimentò anche nella realizzazione di versioni particolari come il cronografo monopulsante e il rattrapante. Il primo fu realizzato ancora su base Lemania, sui calibri 15CHT o 2220, movimenti risalenti agli anni ’30 e quindi difficili da reperire. Per questo motivo, furono realizzati solo 52 pezzi del monopulsante, 36 in oro giallo e 16 in platino.

Daniel Roth Chronograph Monopusher Platinum | Credit: A Collected Man

Poco si sa, invece, del rattrapante, se non che era basato su un calibro Venus 179 del quale era stata ritrovata una fornitura in condizioni NOS all’interno di un magazzino. Erano i primi anni ’90 e i calibri furono distribuiti tra diversi brand che li modificarono e li incassarono nei propri orologi; tra essi vi era Daniel Roth, il quale ne produsse pochissimi pezzi.

A metà degli anni ’90, Daniel Roth produsse anche alcuni cronografi automatici, basati sul calibro El Primero di ZenithSi distinguevano esteticamente dai classici cronografi del marchio perché, sul quadrante, erano presenti tre contatori anziché i soliti due

I SUOI CAPOLAVORI: Ref. C107, C167, C127

Oltre ai complicati, Daniel Roth si cimentò negli anni ’90 anche con il solo tempo, facendo in modo che anche un orologio all’apparenza semplice potesse toccare punte di eccellenza. La referenza C107 del 1990 fu il suo primo approccio con un movimento automatico, basato questa volta sul calibro Frederic Piguet 71. L’orologio era essenziale, con le sole lancette di ore e minuti, la cassa in oro e la riconoscibile decorazione a strisce verticali sul quadrante.

Daniel Roth C107 | Credit: Monochrome Watches

La referenza C167 del 1991 segnò il ritorno al calibro manuale, sempre su base Frederic Piguet; il passaggio dall’automatico al manuale comportò una sensibile riduzione dello spessore della cassa, passato da 2,4 a 1,73 mm. Una referenza che, tra il 1990 e il 1991, uscì anche con alcune versioni adornate di diamanti.

Sicuramente più originale la referenza C127, presentata a Baselworld nel 1991 e commercializzata due anni dopo. Si tratta di un modello retrogrado solo tempo, forse ispirato da un orologio da tasca realizzato da George Daniels, nel quale le ore sono indicate su un contatore a forma di ventaglio, con la lancetta che salta sull’altro lato del quadrante quando raggiunge le 6. In questo modo, non incrocia mai il contatore dei secondi, posizionato nella parte bassa del quadrante.

Daniel Roth C127 | Credit: Antiquorum

Daniel Roth produsse la referenza C127 con casse in metalli preziosi, a volte combinando parti in oro rosa e oro bianco, e utilizzando sia quadranti pieni sia scheletrati. La produzione inziale è caratterizzata dall’utilizzo di forme e di font più eleganti e leggeri, mentre dalla metà degli anni ’90 la grafica si fa più impattante, con anche l’impiego di materiale luminescente su lancette e indici. 

I SUOI CAPOLAVORI: Ref. C117

Poteva infine mancare un calendario perpetuo nella produzione di Daniel Roth? Certamente no. Per una delle complicazioni regine dell’orologeria, si avvalse della collaborazione di un altro maestro, Philippe Dufour. Nell’orologio, presentato nel 1993, il quadrante secondario era utilizzato per indicare il giorno del mese all’esterno e l’anno all’interno; il mese e il giorno della settimana erano mostrati su due aperture al di sopra di questo quadrante, o attraverso due piccoli quadranti secondari che si sovrapponevano al giro delle ore e dei minuti. Per mancanza di spazio, il numero di serie, classico di Roth, era stato spostato sul bordo del fondello.

Daniel Roth Perpetual Calendar C117 | Credit: A Collected Man

Un orologio all’apparenza “facile”, ma che nascondeva il tentativo di realizzare il primo calendario perpetuo istantaneo al mondo, nel quale tutti gli indicatori avrebbero dovuto scattare istantaneamente insieme a mezzanotte. Sia Roth sia Dufour provarono per mesi a lavorare su questa caratteristica, ma si resero poi conto che era necessaria troppa energia perché tutti gli indicatori saltassero a mezzanotte. Così, rispetto al prototipo presentato a Baselworld nel 1991 che aveva le aperture per il giorno e la data, il display digitale fu sostituito dai due quadranti secondari, che necessitavano di una forza minore per muovere tutti gli ingranaggi.

Il risultato fu comunque eccezionale, perché nella versione con le aperture il giorno e la data cambiavano lentamente alla mezzanotte, mentre in quella con i piccoli quadranti secondari il passaggio era in effetti istantaneo.

GLI ULTIMI OROLOGI DI DANIEL ROTH

Negli ultimi anni di lavoro come orologiaio indipendente, Daniel Roth si cimentò con un’altra complicazione, la ripetizione minuti, che però non entrò mai in produzione. Basata sul calibro Lemania 389, pare ne siano stati costruiti solo tre pezzi, in oro giallo, bianco e rosa. Nel 1999, invece, per celebrare i dieci anni del brand, creò il Papillon, in 250 pezzi: 110 in oro rosa, 110 in oro bianco, 30 in platino. L’orologio aveva l’indicazione delle ore saltanti e i minuti retrogradi.

Daniel Roth Papillon | Credit: The Hour Glass

Erano ormai le ultime prove d’autore da orologiaio indipendente. Da tempo Daniel Roth non era più azionista di maggioranza dell’azienda, ma rimase comunque coinvolto sia nei processi produttivi sia in quelli creativi. La strada però era segnata e nel 2000, l’azienda fu venduta a titolo definitivo a Bulgari, con il Maestro che rimase ancora attivo per qualche mese in manifattura, salvo poi andarsene l’anno successivo.

IL MARCHIO JEAN DANIEL NICOLAS

La storia recente di Daniel Roth si chiama Jean Daniel NicolasUn marchio di orologeria “sartoriale” che è la combinazione dei nomi di Roth, della moglie e del figlio. Con la consorte, anch’essa orologiaia, e il figlio, che segue le sue orme, producono circa tre orologi all’anno. Si tratta di pezzi su commissione, sviluppati attorno al tourbillon che egli ha contribuito a far rivivere dopo la lezione di Breguet. 

Credit: Fred Merz for FHH Journal

Per quanto la sua grande avventura imprenditoriale sia ormai un ricordo, in Daniel Roth il fuoco della passione e della creatività non si è ancora spento. Appassionati e collezionisti possono solo esserne contenti e sognare di mettere al polso una delle ultime creazioni del Maestro.

By Davide Passoni